LA RELAZIONE GENITORI-FIGLI:
L’importanza delle regole nel rapporto con i figli
L’importanza di trasmettere buone regole ai figli è fondamentale e sicuramente non scontata. Troppo spesso ci basiamo sulla spontaneità e sul buon giudizio, ma a volte tralasciamo aspetti importanti, in poche parole, tendiamo a trasmettere dei contenuti ottimi ma non sempre attraverso i criteri più giusti.
Perché le regole sono importanti?
Le regole danno sicurezza, come tutto ciò che sia continuativo e stabile. Un genitore che mi dà dei limiti è un genitore che ha delle idee chiare in testa, che ci tiene a me e sa gestire la mia educazione.
I figli hanno bisogno di sentire la presenza del genitore anche attraverso i limiti che impartisce, sempre che siano dati col giusto criterio e che siano spiegati.
Inoltre, le regole favoriscono lo sviluppo della propria personalità, la socializzazione e la vita relazionale. Se non apprendo delle buone regole, il mio modo di percepire tutto ciò che mi circonda ne risentirà e di conseguenza io stessa, per le ripercussioni che ne avrò.
Se non so stare alle regole difficilmente riesco a ben integrarmi socialmente, ad avere buoni rapporti con gli altri, a saper collaborare con i compagni di scuola e poi con i colleghi di lavoro.
Le regole creano dei punti di riferimento importanti che se mancano ci fanno sentire e/o vivere nel caos. Pensiamo alle regole di guida, se non ci fossero sarebbe difficile poter viaggiare, non a caso gli incidenti avvengono principalmente perché qualcuno non rispetta le regole.
Allo stesso modo, pensiamo a quando al cinema non c’è la regola del posto prenotato assieme al biglietto, che confusione si crea al momento di entrare nella sala per prendere i posti e al contrario a quando invece li abbiamo già prenotati. Stiamo più tranquilli, possiamo rilassarci anche nell’attesa e non si creano liti o momenti di confusione.
Le regole se sono ben pensate e seguite ci facilitano la vita, ce la rendono più prevedibile e gestibile e questo ci rassicura. Ci sentiamo anche tutelati, perché c’è qualcuno che ci controlla e quindi ci protegge.
Un genitore che mette delle buone regole e le fa seguire, se non troppo ansioso, è un genitore che dimostra l’interesse per il proprio figlio, che lo protegge, e questo messaggio arriva anche se i figli si lamentano o vogliono ribellarsi.
Perché è difficile insegnare le regole?
Perché spesso vengono vissute soprattutto per la loro caratteristica di costrizione nel dover fare o dire qualcosa e perché se si commettono degli errori la regola può venir fraintesa o non seguita.
Come bisogna insegnare le regole?
1) Esprimere le regole al positivo invece di focalizzare cosa il ragazzo non deve fare, soffermarsi su ciò che va fatto.
Es. < Oggi non guardare subito i cartoni e non perdere il tempo, come fai sempre, che ti riduci a fare i compiti la sera!>
Diventa: < Alle 15,00 inizi a fare i compiti e poi quando hai finito puoi guardare i cartoni animati> (ovviamente il tono della voce sarà gentile e non categorico/aggressivo)
2) Essere sintetici e non parlare troppo. Spesso si tende a ripetere sempre le stesse parole, ciò produce assuefazione nel bambino che non le ascolterà, creando così una reazione a catena. L’alternativa è dare le regole con dolcezza e fermezza, senza lamentarsi dei comportamenti che il bambino ha manifestato in passato.
Es. <Per guardare i cartoni animati devi prima aver fatto i compiti, se hai bisogno del mio aiuto basta che me lo dici>.
Spesso stiamo del tempo a ripetergli di fare qualcosa senza attivarci in alcun modo se non alzando la voce. Dobbiamo cercare di responsabilizzare il ragazzo, in base ovviamente all’età che ha, più inneschiamo un meccanismo di brontolii vari e di arrabbiature e più questa cosa si ripeterà. Se si inizia così da quando è molto piccolo è più semplice, altrimenti bisogna perseverare, ma ci si può arrivare se lo si vuole, l’importante è non cedere per primi.
Se il bambino non mangia a tavola, non sollecitare i pasti al di fuori del pranzo o della cena. Lui avrà la merenda di consuetudine, ma evitiamo di creare abitudini viziate difficili poi da smantellare. Dire al bambino che non mangia il dolce se non finisce la carne e poi, dato che non l’ha mangiata, darglielo lo stesso perché così mangia qualcosa significa:
a) Infrangere la regola che abbiamo dato
b) Confonderlo, per poi fargli capire che le regole si possono deviare
c) Sviluppare in lui una cattiva abitudine alimentare
d) Farci gestire da lui
e) Non fare il suo bene, perché il suo bene è mangiare sano e agli orari giusti, quindi sarà molto meglio rispettare le regole e fargli rimangiare qualcosa di nutriente a merenda, ma non troppo, non bisogna compensare il pranzo non fatto, per poi fargli mangiare le giuste sostanze a cena. Altrimenti quando ci sarà un dolce a fine pasto lui eviterà di mangiare tutto perché stuzzicato dal dessert, inventando magari di non avere più fame.
3) Ascoltare in modo attivo. Con queste parole si intende il modo di ascoltare l’altro senza aver pregiudizi di sorta o pensando nel frattempo a come rispondergli. E’ importante farlo parlare ascoltando bene ciò che dice e poi riassumere quello che ci ha appena espresso; in questo modo possiamo valutare se abbiamo ben compreso e rimandarglielo. Spesso i ragazzi utilizzano proprio la non chiarezza della frase per aver ragione e girare la situazione a loro favore.
Per esempio, dire al ragazzo: <Non fare tardi!> che cosa significa? Non abbiamo dato un orario, siamo sicuri che sia così chiaro che tardi è dopo le 3,00 (come magari intendiamo noi). Perché se solitamente lui rientra a quell’ora e quindi è scontato che se arriva alle 4,00 della mattina è tardi, lui potrà dire che invece altre volte è rientrato alle 4,00 quindi il fare tardi per lui significa rientrare alle 5,00.
Possiamo starci le ore a litigare, ma lui penserà di aver ragione e noi siamo così sicuri che ha torto?
Esempio di comunicazione:
Genitore:<Con chi esci questa sera e a che ora pensi di tornare?>
Figlio: <Esco con i miei amici e torno verso la solita ora> (orario vago così espresso).
Genitore: (..) <Bene, quindi esci con Giorgio e Mario e rientri alle 3,00. Giusto?> (Riassunto con puntualizzazione dell’orario per evitare equivoci)
Figlio: <Giusto, ciao>
4) Le regole vanno spiegate, non si deve rendere conto ai propri figli delle proprie decisioni, si deve spiegare loro perché quella regola è importante seguirla. Ovviamente sarà una spiegazione non una predica.
5) Essere concreti e chiari per es. invece di <Non usare i pennelli di tuo fratello, lo sai che poi si arrabbia e piange.> si può dire: <Gioca con i tuoi pennelli e se vuoi quelli di tuo fratello chiediglieli> è una affermazione che non lascia equivoci o altre interpretazioni.
6) Dare le regole al momento giusto se il bambino si comporta male e assieme alla punizione gli ripetiamo la regole, lui assocerà la punizione con la regola. Le regole vanno date nei momenti di normale quotidianità, quando si ragiona insieme di qualcosa o si decide un comportamento.
Si possono chiamare contratti e vanno fatti sempre prima di quel determinato episodio. Se, per esempio, la ragazza ci chiede di poter andare a pattinare il sabato pomeriggio noi potremo contrattare con lei la modalità partendo dalle regole che riteniamo più opportune.
Per es. < Se sabato pomeriggio vuoi passarlo alla pista di pattinaggio significa che domenica pomeriggio uscirai solo quando avrai finito i compiti. Se ti va bene così allora sabato potrai andarci. >
In questo casso possiamo dare spazio anche a ulteriori possibilità se ci vengono richieste, l’importante è che si stabilisca un comportamento, conforme alle regole, e che poi venga seguito da entrambi, cioè se la ragazza la domenica non fa i compiti non dobbiamo farla uscire.
Non è facile educare e a volte il cuore del genitore è troppo tenero e cede, ma il bene dei figli è quello di imparare a seguire le regole e in questo ci mettono spesso alla prova, se dimostriamo di essere noi i primi a non seguirle, lasciando che loro le infrangano, poi non dobbiamo arrabbiarci se non ci stanno a sentire.
7) L’importanza della coerenza fra i genitori. Per motivi caratteriali o di diverse vedute educative, in vari casi i genitori tendono ad attuare le regole in modo discordante. Ciò rende la regola non più ferrea, ma discutibile: <Mamma dice che non lo posso fare e tu si, quindi perché devo farlo papà? > Rispondere <Perché te lo dico io!> non è una risposta valida, ma peggiora la situazione. Fa comprendere che le regole sono labili e rafforza il fatto che si possono non seguire, basta domandare al genitore più permissivo.
E’ importante perciò che i genitori concordino sulle regole, se così non fosse bisogna spiegare al ragazzo perché quella regola è diversa fra i due genitori, che sia per motivi di diversa mentalità o di differenti esigenze. Ovviamente non bisogna utilizzare la spiegazione per mettere in discussione l’affidabilità dell’altro genitore, perché questo confonderà solo il ragazzo e lo renderà più insicuro. La sua opinione dei genitori sarà che uno non sa dare regole, non è capace, e l’altro mette in cattiva luce il partner (o l’ex partner), ne parla male.
Per poter trasmettere una regola essa deve:
- essere concreta, in linea con la situazione e le possibilità del ragazzo
- non deve contenere concetti travisabili.
- deve comprendere un messaggio preciso che esprima chiaramente che cosa ci si aspetta dall’altro.
- se mettiamo una regola dobbiamo innanzitutto essere i primi a seguirla, a meno che riguardi un comportamento specifico del figlio, e a farla seguire. Se per esempio diciamo che a tavola non si usa il telefonino, noi dobbiamo fare la stessa cosa e ciò riguarda anche il non usare un “similare” (rivista, Ipad, ecc)
- Allo stesso tempo, se diamo una regola non esistono eccezioni, se non quelle valutate come tali. Non posso pensare di dare delle regole se poi a volte le faccio seguire e a volte no. Perché questo sarà il messaggio che passerà.
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Riferimenti bibliografici
(a) R.A. Fabio – Genitori positivi, figli forti – Ed. Erickson 2003
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Dott.ssa LAURA PEDRINELLI CARRARA
Psicologa, Psicoterapeuta
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